Definizione

Lo scopo di una buona pianificazione territoriale è organizzare una corretta interazione tra le attività umane e il territorio

Definizione

Lo scopo di una buona pianificazione territoriale è organizzare una corretta interazione tra le attività umane e il territorio su cui esse sono svolte (residenziali, produttive, infrastrutturali etc.), in modo da dare vita ad uno sviluppo territoriale sicuro, uno sviluppo produttivo economicamente sostenibile, alla tutela dell’ambiente, nel tentativo di migliorare la qualità di vita delle generazioni presenti e future: proprio per questo è una disciplina che coinvolge gli aspetti geologici, architettonici, ingegneristici e produttivi di un’area. Con l’individuazione della materia del “governo del territorio” come concorrente tra Stato e Regioni, infatti, si è evidenziata la necessità di “riconfigurare” il sistema della pianificazione, tenendo conto che con questo termine, di accezione ampia, si deve intendere non solo l’urbanistica e le discipline “accessorie” della stessa, l’edilizia e l’espropriazione, ma anche le necessarie relazioni interdisciplinari per ricomprendere, nell’ambito dei sistemi di programmazione e di pianificazione, gli elementi pertinenti della difesa del suolo, della tutela e della valorizzazione dei beni ambientali e paesistici, del miglioramento della qualità ambientale, delle interconnessioni tra gli strumenti di gestione dei rischi naturali e tecnologici, della gestione delle emergenze e della protezione civile (Pianificazione di Emergenza Comunale) e in tutti i settori (infrastrutture della mobilità, delle telecomunicazioni,…) che producono effetti fisici, economici e sociali sul territorio e sull’ambiente. 

PIANIFICAZIONE URBANISTICA

Strumenti Urbanistici

Possiamo distinguere una serie di strumenti previsti dalla legge urbanistica, ordinandoli gerarchicamente secondo il criterio di prevalenza e il criterio di dipendenza funzionale (dal generale al particolare, dallo strumento di massima a quello esecutivo):

  • strumenti normativi che sono astratti e generali;
  • piani, concreti ma pur sempre generali;
  • provvedimenti amministrativi, concreti e speciali.

Gli strumenti urbanistici sono classificabili nei riguardi della loro funzione e collocazione in:

  • Generali: piano regolatore generale comunale ed intercomunale disciplinano l’intero territorio del comune e si pongono a livello superiore di pianificazione (L.17 agosto 1942 n.1150). Il P.R.G. basa tutta la sua concezione nella suddivisione del territorio in zone omogenee (D.M. n.1444, 2 Aprile 1968). Il P.R.G. oltre a dare indicazione sulla destinazione d’uso fornisce anche informazioni circa gli indici di edificabilità (sono indici territoriali e non fondiari), delle diverse zone. Il P.R.G. non fornisce però altre informazioni, per questo motivo tale piano è affiancato e completato da strumenti di pianificazione che permettano di capire ciò che in concreto dovrà essere fatto per la realizzazione a livello locale dello stesso P.R.G.;
  • ​​​Particolareggiati ed attuativi: piani di lottizzazioni, si pongono a livello esecutivo delle previsioni dello strumento generale.

I principali piani attuativi sono i piani particolareggiati, tra i quali ricordiamo:

  • Piani per l’Edilizia Economica e Popolare (P.E.E.P.);
  • Piani di Lottizzazione, nati con la Legge Ponte (Legge n.765 del 1967), che prevede la possibilità che i privati possano proporre interventi, sempre subordinati al P.R.G., che se approvati divengono legge. L’ente pubblico prima di approvare tali proposte le deve valutare solo dal punto di vista urbanistico;
  • Piani per Insediamenti Produttivi (P.I.P.) dove inoltre confluiscono industria, commercio, artigianato e turismo;
  • Piani di recupero, è l’ultimo piano particolareggiato in ordine cronologico, ed è quello da cui parte tutta la logica del nuovo indirizzo urbanistico, che mira, non più ad un’espansione territoriale, ma al contrario, ad una valorizzazione delle risorse già sfruttate. (Legge n.457 del 1978 e L.R. n.71/78).

Il piano urbanistico ha funzione programmatica e vincolante, e siccome la governance è affidata ad enti territoriali, ognuno è provvisto di piano, per questo motivo l’assetto della pianificazione urbanistica è basato su diverse scale territoriali.
In particolare si riconoscono piani a livello:

  • Europeo;
  • Nazionale;
  • Territoriale (Regione e Provincia).

A livello territoriale si riconoscono a loro volta:
Piani quadro distinti in piani base e piani di settore che possono essere obbligatori o facoltativi.
Il piano di settore analizza e approfondisce un certo aspetto o settore.
Il piano base è invece un piano che deve contenere tematiche complessive. I piani di base di riferimento sono il P.T.R. (a livello regionale) e P.T.C. (a livello provinciale), entrambi obbligatori.
Per la loro estensione i piani si dividono in:

  • Piani territoriali, sorti sulla considerazione che piani regolatori comunali, limitati al territorio urbanizzato o da urbanizzare, lasciavano privi di ogni coordinamento i vari strumenti urbanistici comunali e nel contempo non provvedevano a quella più ampia organizzazione del territorio come le vie di comunicazione, la tutela di zone di speciale interesse e le localizzazione di nuovi insediamenti. Esso è un piano di estensione provinciale con lo scopo di coordinare l’attività urbanistica di determinati ambiti territoriali.
  • Piani regolatori comunali, redatti dall’autorità comunale disciplinano l’intero territorio del comune; strumento di massima che presiede a tutta la disciplina urbanistica dettando prescrizione concrete e specifiche che verranno realizzate dal piano particolareggiato.
  • I piani particolareggiati che sono lo strumento attuativo del piano generale rendendone la realizzazione.

Pagina aggiornata il 05/06/2024

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